Tradizioni

Fra religione e magia

Giors BonetoI Santi del calendario liturgico e numerosi santi minori furono
oggetto di fervida devozione in tutta la valle, anche grazie alla convinzione, al confine con la superstizione, che potessero
proteggere da malattie, sventure e calamità . A questo si deve
il pullulare di piloni, cappelle ed edicole dedicate a San Sebastiano
e San Rocco, protettori dalla peste, nonché ai cosiddetti martiri
della Legione Tebea, come Magno, Costanzo e Pancrazio.
Era l'estate il periodo in cui si concentravano le cerimonie religiose legate alla fertilità: tra maggio e giugno iniziavano le rogazioni,
in cui attraverso una lunga processione, che poteva durare anche
più giorni, si toccavano cappelle, piloni o croci. Per San Giovanni,
il 24 giugno, venivano accesi in tutte le borgate fuochi detti
solestrelhs
o folastrets, ritenuti propiziatori: i pastori tra canti
e danze saltavano i falò, in un rito per la fioritura dei pascoli e
delle messi. Ad Elva i pastori ornavano le capre con ghirlande,
ricevendo dai proprietari delle greggi un dono. I falò accesi di
notte nei campi erano considerati purificatori: nella borgata Soglio
di Celle di Macra, in occasione della festa patronale di San Magno,
si faceva passare il bestiame tra il fumo del falò
, per eliminare
le malattie e proteggerlo da fatture.

Che in passato nelle nostre valli si credesse nell’esistenza e nel condizionamento della propria vita
da parte di fenomeni e presenze alquanto particolari è cosa nota. Le superstizioni
accompagnavano un popolo la cui esistenza era segnata da un forte senso del mistero.
Questo fenomeno fu di tale rilevanza che gli Statuti quattrocenteschi dell’alta Valle Maira, sotto
il titolo De Maleficiis, se ne occuparono a fondo. Ecco perché, la religiosità del montanaro
da sempre si è colorata di magia, di pratiche e riti, di sacre ossessioni affioranti dalla leggenda,
rendendo impossibile una netta distinzione tra religione e superstizione, credulità e fede autentica.

Madonne della Neve e Madonne Nere, dalle mille sacralità paganeggianti rappresentano tutto
l’umano, a cui fanno da contraltare i santi patroni che stanno in bilico tra verità cristiana
e religiosità cosmica
. La Madonna con i suoi cento attributi e i suoi molteplici volti, i santi chiamati
a proteggere la semina, il raccolto, gli animali domestici, ogni opera dell’uomo, ogni giorno
dell’anno, ogni nascituro, invocati contro la folgore e il tuono, contro i ladri e i lupi, a benedire l
e nozze, a consolare la morte, sono sempre stati più vicini al popolo che non Dio Creatore.

Baias, Carnevali e Barbòiras

BaiasI Carnevali alpini affondano le loro
radici nel Medio Evo, come
momenti di sfrenato rovesciamento
delle consuetudini e dei ruoli sociali, legati ai cicli delle stagioni.
L'origine si collega alla nascita,
in epoca medievale, delle Compagnie
della Gioventù, dei Folli o Abbadie, congregazioni maschili cui spettavano
l'organizzazione delle feste, corvées
di pubblica utilità e funzioni militari
di difesa della comunità. Il termine,
in occitano Badia o Baia, derivò dal sistema religioso delle abazie, aperte ai soli uomini, e passò
poi ad indicare la stessa festa e il suo corteo di personaggi. Festa pagana invernale ricca di simboli
legati alla rinascita e alla fertilità
, sovrapponeva storia, leggenda e tradizione ricordando
la cacciata di invasori saraceni o eretici dalle valli. Ogni comune e frazione aveva la sua Compagnia
che organizzava la propria festa d'inverno, su più giorni, nelle settimane precedenti la Quaresima:
a Celle di Macra ogni domenica di Carnevale i giovani si travestivano formando anche le coppie
degli sposi, e passavano di casa in casa a procurare uova o doni, usati poi per il banchetto finale.

Ad Elva il martedì grasso si metteva in scena la sepoltura del Carnevale si faceva sdraiare
il meno scaramantico dei giovani su una panca nella piazza, improvvisando litanie e confessioni
all'uscita dalla messa. Ha mantenuto il suo significato laico e trasgressivo la festa d' inverno
rappresentata sino al 1991 a Villaro di Acceglio, detta delle Barbòiras, il cui corteo sfilava
a febbraio, approssimativamente nei giorni di Carnevale. Apriva la processione laica il Pulcinella,
cui seguiva il Carnaval, re della festa, scortato da due Arlecchini che lo difendevano dalla nemica Quaresima: i tre indossavano un costume bianco riccamente decorato con nastri e coccarde
colorate, una sonagliera, fiori, spighe ed altri simboli di fertilità, come le spade che impugnavano.
Il nome della festa si deve a personaggi che indossavano maschere lignee dalle lunghe barbe,
sorta di compagnia agli ordini di comandante e aiutant d'batalha. Il procedere del corteo, formato
da soli uomini che ricoprivano anche i ruoli femminili, era qua e là ostacolato da barriere di tronchi, rimosse tempestivamente dai sapeurs, personaggi dalle asce affilate: seguivano sposi,
portabandiera, medico, le quattro stagioni, tamburino, diavolo, cacciatore e orso,
cantiniere e postino. Un Carnevale simile era rappresentato anche al Preit di Canosio.

micon e miconetaNel secondo dopoguerra gli antichi riti invernali vennero abbandonati, spesso per lo spopolamento delle montagne,
ma talora anche per adeguarsi ai gusti ritenuti più moderni
e vezzosi della pianura: nacquero così alcune maschere
ispirate ai cortei carnevaleschi delle città. Dronero scelse
i nobili Re Dragonerio, Dragonetta e Ciambellano,
Elva
il Manjaflors, mangia fiori, esaltazione della
sua flora, e San Damiano Macra, produttore di frutta,
il Mangiatore di mele. Nel 1600 e 1700 Cuneo dovette
subire ben sette assedi: fu Busca a provvedere il pane
agli assediati, e perciò i buschesi divennero aqueli dal pan.
Le due maschere di Busca, create nel 1955 dal senatore Giuseppe Fassino e dall'artista Reno Masoero, furono perciò Micon e Miconeta, micca e pagnotta, cui nel tempo si sono affiancati il Panatè e la Bela Panatera, i fornai.

Bibliografia:
Guida "Val Maira" - +eventi
I dipinti dell'Anima - Massimo Viano - Gribaudo

Per l'utilizzo di testi, foto o per informazioni scrivete a info@invalmaira.it.