Anchoiers, gli acciugai della Val Maira
Ci fu un tempo, ormai ignoto ai più e da molti dimenticato, in cui gli abitanti delle valli alpine,
nella brutta stagione, erano costretti ad abbandonare la loro casa per andare a cercare una fonte
di guadagno altrove. Era un’emigrazione che sovente non puntava ad aumentare le ricchezze
della famiglia, ma semplicemente a non gravare sul consumo delle magre risorse disponibili.
Si partiva ancora bambini e ognuno s’ingegnava a trovare un lavoro, magari un mestiere peculiare;
alcuni si affidavano alla forza fisica, altri all’ingegno e all’intraprendenza.
Gli acciugai (anchoiers in occitano, anciuè in piemontese)
della Valle Maira, a fine estate, terminati i lavori nei campi,
scendevano al piano per vendere acciughe e pesce conservato.
La merce da vendere la compravano in Liguria: non lavoravano
il pesce, lo vendevano soltanto, girovagando in tutto il Piemonte,
in Lombardia e persino in Veneto ed Emilia.
Sull’origine del fenomeno sono molte le ipotesi, destinate peraltro
a rimanere tali. Le diverse notizie sul commercio delle acciughe
e del pesce conservato sotto sale già in tempi remoti non danno risposta del come e del perché si partisse proprio dalla Valle Maira.
Ci si deve accontentare di supposizioni, alcune apparentemente
più realistiche e probabili, altre forse più fantasiose,
ma ugualmente possibili. I più ritengono che tutto abbia avuto
origine dal commercio del sale, sul quale gravavano alti dazi:
qualche furbacchione pensò di riempire in parte una botte di sale ponendovi sopra, per occultarlo agli occhi dei gabellieri,
uno strato di acciughe salate. Allo scoprire poi che la vendita di quelle acciughe procurava
ugualmente un buon guadagno, si dedicò al nuovo commercio meno rischioso...
Da quel che si sa dai racconti dei vecchi, di solito partiva prima un capofamiglia, uno
già esperto, che andava nei porti della Liguria
a comprare la merce
per poi portarla o spedirla
in qualche città della
pianura padana.
Gli altri della famiglia,
parenti o amici fidati,
lo raggiungevano in quello
che diveniva il loro campo base, punto di smistamento.
Portavano con loro i caratteristici carretti, i caruss, leggeri ma resistenti, costruiti tutti in valle,
a Tetti di Dronero, per lo più colorati d’azzurro. Durante i mesi invernali, in attesa di tornare
al lavoro dei campi, giravano di quartiere in quartiere, di paese in paese, di cascina in cascina,
per strade inghiaiate o innevate, nelle piatte campagne o nelle valli alpine, ma anche in città
come Torino, Milano, Brescia, Pavia ecc, sempre tirando o spingendo il loro caruss carico
di pesce salato, alla ricerca di qualche acquirente.
Anche trenta e più chilometri al giorno; e non sempre a sera si poteva tornare al magazzino
con gli altri, si dormiva dove si trovava, magari offrendo in cambio qualche acciuga.
Anche per i pasti ci si aggiustava, al risparmio, sovente buttando giù qualche acciuga sbattuta
contro le aste del carretto per far cadere il sale. Un po’ per la sete dovuta a tutto quel sale
e un po’ perché i migliori clienti erano gli osti, il vino inevitabilmente abbondava, creando spesso
non pochi problemi. Molti cominciavano da ragazzi, già verso i dodici anni: si cercava così di non
essere di peso per la famiglia, ma non sempre per tutti il guadagno finiva col coprire le spese.
Per alcuni fu l’inizio di una fortuna: più intraprendenti, scaltri
o fortunati, ebbero modo di dar vita a dei veri imperi economici
con numerosi dipendenti e aziende tutte loro di lavorazione
del pesce, addirittura in Spagna. Nel secondo dopoguerra,
la maggior parte abbandonò definitivamente il paese d’origine,
e scese in pianura per dedicarsi esclusivamente al commercio.
Non più il carretto, ma mezzi a motore, via via più comodi
e attrezzati. Ancora oggi è possibile trovare qualche acciugaio
originario della Valle Maira tra i banchi del mercato, ma sono
sempre meno. Era ed è un lavoro duro, così pochi figli hanno continuato il mestiere dei padri:
grazie al benessere economico raggiunto hanno preferito dedicarsi a impieghi che prevedono
la cravatta. Molti di quelli che non hanno abbandonato la via percorsa da generazioni sono
ora titolari di supermercati o luccicanti negozi.
Un umile pesce, una valle alpina, tanti uomini tenaci: una storia che non deve essere dimenticata.